III Domenica di Pasqua 2024

At 16,22-34 / Col 1,24-29 / Gv 14,1-11a

Dio è giusto e «agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia», la quale consiste nel far conoscere «ai suoi santi … Cristo» in ogni uomo. Per cui, «al di là di ogni circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi», al cristiano non importa fuggire. Importa dire al proprio carceriere: «Non farti del male».

Chi sono i carcerieri dei cristiani oggi? Sono quelli che cercano di costringerli a non lodare che sé stessi. Ma ecco che di fronte al proprio fallimento questi uomini «in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli». Tra i cristiani nessuno è mai vinto dalla disperazione. Ciascuno di loro è consapevole del fatto che una «dignità infinita, inalienabilmente fondata nel suo stesso essere, spetta a ciascuna persona umana, al di là di ogni circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi. … questa dignità ontologica della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio e redenta in Cristo Gesù. Da questa verità trae le ragioni del suo impegno a favore di coloro che sono più deboli e meno dotati di potere, insistendo sempre “sul primato della persona umana e sulla difesa della sua dignità al di là di ogni circostanza” (Francesco, Laudate Deum, 39)» (Dignitas infinita, 1). Ecco allora che si rivolgono alla debolezza del loro carceriere, alla sua incapacità di resistere dall’attribuire solo a sé stesso il proprio bene, disperando quando non riesce a compierlo. Gli dicono: non farti del male, non attentare alla tua dignità. Ed aggiungono: «siamo tutti qui», invitandolo a far parte anche lui di quelli “di Cristo”.

Ad iniziare con loro il proprio cammino di fede, come scriveva Teresa di Gesù: «Dio è nostra dimora, e … questa dimora possiamo fabbricarcela da noi stessi per prendervi alloggio, … aggiungendo o togliendo a noi, come … piccoli vermi». Ecco i nostri piccoli esercizi di vita cristiana. Non «avremo ancora ultimato quanto sarà in nostro potere che Egli verrà, e unendo alla sua grandezza la nostra lieve fatica, che è un nulla, le conferirà un valore così eccelso da meritare che Egli si costituisca in nostra stessa ricompensa. Tessiamo questo piccolo bozzolo mediante lo spogliamento di ogni nostro amor proprio e volontà».

Amor proprio e volontà conducono a ciò che si oppone alla dignità umana, come il suicidio volontario che si apprestava a compiere il nostro carceriere. Ma distaccandoci da ogni cosa terrena e praticando opere di penitenza, di orazione, di meditazione e di obbedienza alla vita, quel verme che noi siamo «morto a tutte le cose del mondo, esce» a spiccare il volo, «mutato in piccola farfalla bianca» (5M 2, 5).

 

 

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