23_Francesco di Assisi - Ammonizioni

Fate attenzione fratelli!

Le Ammonizioni di Francesco

 

I

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IL CORPO DEL SIGNORE

 

Il Signore Gesù dice ai suoi discepoli: «“Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se aveste conosciuto me, conoscereste anche il Padre mio; ma da ora in poi voi lo conoscete e lo avete veduto”. Gli dice Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gesù gli dice: “Da tanto tempo sono con voi e non mi avete conosciuto? Filippo, chi vede me, vede anche il Padre mio”» (Gv 4, 24). Il Padre abita una luce inaccessibile, e Dio è spirito (Gv 4, 24), e nessuno ha mai visto Dio (cf. 1Tm 6, 16). Perciò non può essere visto che nello Spirito, poiché è lo Spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla. Ma anche il Figlio, in ciò in cui è uguale al Padre, non è visto da alcuno in maniera diversa dal Padre e in maniera diversa dallo Spirito Santo. Perciò tutti coloro che videro il Signore Gesù secondo l’umanità, ma non videro né credettero, secondo lo Spirito e la divinità, che egli è il vero Figlio di Dio, sono condannati. E cosi ora tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare nelle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo Spirito e la divinità, che è veramente il santissimo corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, perché ne dà testimonianza lo stesso Altissimo, il quale dice: «Questo è il mio corpo e il mio sangue della nuova alleanza che sarà sparso per molti»; (cf. Mc 14, 22.24) e ancora: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna» (cf. Gv 6, 55). E perciò lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, è lui che riceve il santissimo corpo e sangue del Signore. Tutti gli altri, che hanno la presunzione di riceverlo senza partecipare dello stesso Spirito, mangiano e bevono la loro condanna (cf. 1Cor 11, 29).

Perciò: Figli degli uomini, fino a quando sarete duri di cuore? (Sal 4, 3). Perché non conoscete la verità e non credete nel Figlio di Dio? (cf Gv 9, 35). Ecco ogni giorno Egli si umilia (cf. Fil 2, 8), come quando dalla sede regale (Sap 18, 15) discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre (cf. Gv 1, 18) sull’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così ance ora si mostra a noi nel pane consacrato. E come essi con la vista del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con gli occhi spirituali, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero.

E in tal modo il Signore è sempre con i suoi fedeli, come egli stesso ha detto: «Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).

 

 

II

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IL MALE DELA PROPRIA VOLONTA’

 

Disse il Signore a Adamo: «Mangia pure di qualunque albero del paradiso, ma dell’albero della scienza del bene e del male non ne mangiare» (Gen 2, 16-17). Adamo poteva dunque mangiare di qualunque albero del paradiso, perché, fino a quando non contravvenne all’obbedienza, non peccò. Mangia, infatti, dell’albero della scienza del bene colui che si appropria la sua volontà e si esalta per i beni che il Signore dice e opera in lui; e così, per suggestione del diavolo e per la trasgressione del comando, divenne per lui il pomo della scienza del male. Bisogna perciò che ne sopporti la pena.

 

 

III

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L’OBBEDIENZA PERFETTA

 

Dice il Signore nel Vangelo: «Chi non avrà rinunciato a tutto ciò che possiede non può essere mio discepolo» (Lc 14, 33), e: «Chi vorrà salvare la sua anima, la perderà» (Lc 9, 24).

Abbandona tutto quello che possiede e perde [la sua anima e] e il suo corpo colui che offre tutto se stesso all’obbedienza nelle mani del suo prelato.

E qualunque cosa fa o dice che egli sa non essere contro la volontà di lui, purché sia bene quello che fa, è vera obbedienza. E se qualche volta il suddito vede cose migliori e più utili alla sua anima di quelle che gli ordina il prelato, di sua spontanea volontà sacrifichi a Dio le sue e cerchi invece di adempiere con l’opera quelle del prelato. Infatti questa è obbedienza caritativa (cf. 1Pt 1, 22), perché soddisfa a Dio e al prossimo. Se poi il prelato dovesse comandare al suddito qualcosa contro la sua anima, pur non obbedendogli, tuttavia non lo abbandoni. E se per questo dovrà sostenere persecuzione da parte di alcuni, li ami di più per amore di Dio. Infatti, chi sostiene la persecuzione piuttosto che volersi separare dai suoi fratelli, rimane veramente nella perfetta obbedienza, poiché offre la sua anima (Gv 15, 13) per i suoi fratelli. Vi sono infatti molti religiosi che, con il pretesto di vedere cose migliori di quelle che ordinano i loro prelati, guardano indietro (cf. L c 9, 62) e ritornano al vomito (cf. Pr 26,11; 2Pt 2, 22) della propria volontà. Questi sono degli omicidi e a causa dei loro cattivi esempi mandano in perdizione molte anime.

 

 

IV

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CHE NESSUNO SI APPROPRI

L’UFFICIO DI PRELATO

 

«Non sono venuto per essere servito ma per servire» (cf. Mt 20, 28) dice il Signore. Coloro che sono costituiti sopra gli altri, tanto devono gloriarsi di quell’ufficio prelatizio, quanto se fossero deputati all’ufficio di lavare i piedi ai fratelli (cf. Gv 13, 14). E quanto più si turbano se viene loro tolta la prelatura che se fosse loro tolto il compito di lavare i piedi, tanto più mettono insieme per sé un tesoro fraudolento (Gv 12, 6) a pericolo della propria anima.

 

 

 

V

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CHE NESSUNO SI INSUPERBISCA, MA OGNUNO SI GLORI NELLA CROCE DEL SIGNORE

 

Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto il Signore Dio, poiché ti ha creato e formato a immagine del suo Figlio diletto secondo il corpo e a similitudine di lui secondo lo spirito (cf. Gn 1, 26). E tutte le creature, che sono sotto il cielo, per parte loro servono, conoscono e obbediscono al loro Creatore meglio di te. E neppure i demoni lo crocifissero, ma tu insieme con loro lo hai crocifisso, e ancora lo crocifiggi quando ti diletti nei vizi e nei peccati. Di che cosa dunque puoi gloriarti? Infatti, se tu fossi tanto sottile e sapiente da possedere tutta la scienza (cf. 1Cor 13 ,2) e da sapere interpretare tutte le lingue (cf. 1Cor 12, 28) e perscrutare in profondità le cose celesti, in tutto questo non puoi gloriarti; poiché un solo demonio seppe delle realtà celesti e ora sa di quelle terrene più di tutti gli uomini, quantunque sia esistito qualcuno che ricevette dal Signore una speciale cognizione della somma sapienza.  Egualmente, anche se tu fossi il più bello e il più ricco di tutti, e se tu operassi cose mirabili, come scacciare i demoni, tutte queste cose ti sono di ostacolo e nulla ti appartiene, e in esse non ti puoi gloriare per niente; ma in questo possiamo gloriarci, nelle nostre infermità (cf. 2Cor 12,5) e nel portare sulle spalle ogni giorno la santa croce del Signore nostro Gesù Cristo (cf. Lc 14,27; Gal 6,14).

 

 

VI

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LA SEQUELA DEL SIGNORE

 

Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore, che per salvare le sue pecore (cf. Gv 10, 11; Eb 12, 2) sostenne la passione della croce. Le pecore del Signore l’hanno seguito (cf. Gv 10, 4) nella tribolazione e persecuzione, nella vergogna e nella fame (cf. Rm 8, 35), nella infermità e nella tentazione e in altre simili cose; e per questo hanno ricevuto dal Signore la vita eterna. Perciò è grande vergogna per noi, servi di Dio, che i santi abbiano compiuto le opere, e noi vogliamo ricevere gloria e onore con il raccontarle e predicarle.

 

 

VII

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LA PRATICA DEL BENE DEVE ACCOMPAGNARE LA SCIENZA

 

Dice l’Apostolo: «La lettera uccide, lo spirito invece dà vita» (2Cor 3,6). Sono uccisi dalla lettera coloro che desiderano sapere unicamente le sole parole, per essere ritenuti i più sapienti in mezzo agli altri e poter acquistare grandi ricchezze e darle ai parenti e agli amici. E sono uccisi dalla lettera quei religiosi che non vogliono seguire lo spirito della divina Scrittura, ma piuttosto bramano sapere le sole parole e spiegarle agli altri. E sono vivificati dallo spirito della divina Scrittura coloro che ogni scienza, che sanno e desiderano sapere, non l’attribuiscono al proprio io carnale, ma la restituiscono con la parola e con l’esempio all’altissimo Signore Dio, al quale appartiene ogni bene.

 

 

VIII

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EVITARE IL PECCATO DI INVIDIA

 

Dice l’Apostolo: «Nessuno può dire: Signore Gesù, se non nel-lo Spirito Santo» (1Cor 12,3); e ancora: «Non c’è chi fa il bene, non ce n’è neppure uno» (cf. Rm 3,12; Sal 13,3; 52,4). Perciò, chiunque invidia il suo fratello per il bene che il Signore dice e fa in lui, commette peccato di bestemmia, poiché invidia lo stesso Altissimo (cf. Mt 20,15), il quale dice e fa ogni bene.

 

 

IX

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L'AMORE DEI NEMICI

 

Dice il Signore: «Amate i vostri nemici [e fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano]» (Mt 5, 44). Infatti, ama veramente il suo nemico colui che non si duole dell'ingiuria che [l’altro] gli fa, ma spinto dall'amore di Dio brucia a motivo del peccato dell’anima di lui, e gli mostra con le opere il suo amore.

 

 

X

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LA MORTIFICAZIONE DEL CORPO

 

Ci sono molti che, quando peccano o ricevono un torto, spesso incolpano il nemico o il prossimo. Ma non è così, poiché ognuno ha in suo potere il nemico, cioè il corpo, a causa del quale pecca. Perciò beato quel servo (Mt 24,46) che avrà sempre tenuto prigioniero un tale nemico consegnato in suo potere e sapientemente si difenderà da lui; poiché, finché farà questo, nessun altro nemico visibile o invisibile gli potrà nuocere.

 

 

XI

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CHE NESSUNO SI LASCI GUASTARE DAL PECCATO ALTRUI

 

Al servo di Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato. E in qualunque modo una persona peccasse e, a motivo di tale peccato, il servo di Dio, non più guidato dalla carità, ne prendesse turbamento e ira, accumula per sé come un tesoro quella colpa (cf. Rm 2, 5). Quel servo di Dio che non si adira né si turba per alcunché, davvero vive senza nulla di proprio. Ed è beato perché non gli rimane nulla, e rende a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio (Mt 22, 21).

 

 

XII

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COME RICONOSCERE LO SPIRITO DEL SIGNORE

 

A questo segno si può riconoscere il servo di Dio, se ha lo spirito del Signore: se cioè quando il Signore compie, per mezzo di lui, qualcosa di buono, la sua «carne» non se ne inorgoglisce - poiché la «carne» è sempre contraria ad ogni bene -, ma piuttosto si ritiene ancora più vile ai propri occhi e si stima minore di tutti gli altri uomini.

 

 

XIII

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LA PAZIENZA

 

Il servo di Dio non può conoscere quanta pazienza e umiltà abbia in sé, finché gli si dà soddisfazione. Quando invece verrà il tempo in cui quelli che gli dovrebbero dare soddisfazione gli si mettono contro, quanta pazienza e umiltà ha in questo caso, tanta ne ha e non di più.

 

 

XIV

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LA POVERTÀ DI SPIRITO

 

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5, 3). 2 Ci sono molti che, applicandosi insistentemente a preghiere e occupazioni, fanno molte astinenze e mortificazioni corporali, ma per una sola parola che sembri ingiuria verso la loro persona, o per qualche cosa che venga loro tolta, scandalizzati, subito si irritano. Questi non sono poveri in spirito, poiché chi è veramente povero in spirito odia se stesso (cf. Le 14, 26) e ama quelli che lo percuotono sulla guancia (Mt 5, 39).

 

 

XV

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LA PACE

 

Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5, 9). Sono veri pacifici coloro che in tutte le cose che sopportano in questo mondo, per l'amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell’anima e nel corpo.

 

 

XVI

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LA PURITÀ DI CUORE

 

Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio (Mt 5, 8). Veramente puri di cuore sono coloro che disprezzano le cose terrene e cercano le cose celesti, e non cessano mai di adorare e vedere sempre il Signore Dio, vivo e vero, con cuore ed animo puro.

 

 

XVII

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L’UMILE SERVO DI DIO

 

Beato quel servo (Mt 24, 46) il quale non si inorgoglisce per il bene che il Signore dice e opera per mezzo di lui, più che per il bene che dice e opera per mezzo di un altro. Pecca l’uomo che vuol ricevere dal suo prossimo più di quanto non voglia dare di sé al Signore Dio.

 

 

XVIII

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LA COMPASSIONE PER IL PROSSIMO

 

Beato l’uomo che offre un sostegno al suo prossimo per la sua fragilità, in quelle cose in cui vorrebbe essere sostenuto da lui, se si trovasse in un caso simile (cf. Gal 6, 2). Beato il servo che restituisce tutti i beni al Signore Iddio, perché chi riterrà qualche cosa per sé, nasconde dentro di sé il denaro del Signore suo Dio (cf. Mt 25, 18), e gli sarà tolto ciò che credeva di possedere (cf. Lc 8, 18).

 

 

XIX

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IL SERVO FEDELE E QUELLO INFEDELE

 

Beato il servo il quale non si ritiene migliore, quando viene magnificato ed esaltato dagli uomini, di quando è ritenuto vile, semplice e spregevole, poiché quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più.

Guai a quel religioso che dagli altri è posto in alto, e per sua volontà non vuole discendere. E beato quel servo (Mt 24, 46) che non viene posto in alto di sua volontà e sempre desidera stare sotto i piedi degli altri.

 

 

XX

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IL RELIGIOSO LIETO NEL SIGNORE E IL RELIGIOSO VANO

 

Beato quel religioso che non ha giocondità e letizia se noto nelle santissime parole e opere del Signore e, mediante queste, conduce gli uomini all'amore di Dio in gaudio e letizia (cf. Sal 50, 10). Guai a quel religioso che si diletta in parole oziose e vane e con esse conduce gli uomini al riso.

 

 

XXI

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IL RELIGIOSO VANO E LOQUACE

 

Beato il servo che, quando parla, non manifesta [manifestat] tutte le sue cose in vista di una mercede, e non è veloce a parlare (cf. Pr 29, 20), ma sapientemente valuta che cosa dire e rispondere. Guai a quel religioso che non custodisce nel suo cuore i beni che il Signore gli mostra [ostendit] (cf. Lc 2, 19.51) e non li manifesta [ostendit] agli altri attraverso le opere, ma piuttosto, col vano pretesto di una ricompensa, preferisce manifestarli [ostendere] agli uomini a parole. Questi riceve già la sua mercede (cf. Mt 6, 2.16) e gli ascoltatori ne riportano poco frutto.

 

 

XXII

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LA CORREZIONE FRATERNA

 

Beato il servo che è disposto a sopportare così pazientemente la correzione, l’accusa e il rimprovero da un altro, come se venissero da lui stesso. Beato il servo che, rimproverato, di buon animo accetta, si sottomette con modestia, umilmente confessa e volentieri ripara. Beato il servo che non è veloce a scusarsi e umilmente sopporta la vergogna e la riprensione per un peccato, anche quando non ha commesso colpa.

 

 

XXIII

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L’UMILTÀ

 

Beato il servo che viene trovato così umile tra i suoi sudditi, come quando fosse tra i suoi padroni. Beato il servo che si mantiene sempre sotto la verga della correzione. È servo fedele e prudente (Mt 24, 45) colui che di tutte le sue mancanze non tarda a pentirsi interiormente per mezzo della contrizione, ed esteriormente con la confessione e con la soddisfazione delle opere.

 

 

XXIV

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LA VERA DILEZIONE

 

Beato il servo che tanto è disposto ad amare (diligere) il suo fratello quando è infermo, e perciò non può ricambiargli il servizio, quanto l’ama quando è sano, e può ricambiarglielo.

 

 

XXV

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ANCORA DELLA VERA DILEZIONE

 

Beato il servo che è capace di amare (diligeret) e temere (timeret) il suo fratello quando è lontano da lui, allo stesso modo di quando si trova insieme con lui, e non direbbe lui dietro le sue spalle (post ipsum) cosa alcuna, che non possa dire con carità in sua presenza (coram ipso).

 

 

XXVI

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CHE I SERVI DI DIO ONORINO I CHIERICI

 

Beato il servo che ha fede nei chierici che vivono rettamente secondo la forma della santa Chiesa romana. E guai a coloro che li disprezzano. Quand’anche infatti siano peccatori, tuttavia nessuno li deve giudicare, poiché il Signore in persona riserva solo a sé stesso il diritto di giudicarli. Infatti, quanto maggiore è il ministero che essi svolgono riguardo al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri, così quelli che peccano contro di loro hanno un peccato tanto più grande, che se peccassero contro tutti gli altri uomini di questo mondo.

 

 

XXVIII

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IL BENE VA NASCOSTO PERCHÉ NON SI PERDA

 

Beato il servo che accumula nel tesoro del cielo (cf. Mt 6, 20) i beni che il Signore gli mostra e non brama del manifestarli agli uomini in vista di una ricompensa, poiché lo stesso Altissimo manifesterà le sue opere a chiunque gli piacerà.' Beato il servo che custodisce nel suo cuore (cf. Lc 2, 19.51) i segreti del Signore.

 

 

XIX

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IL SERVO FEDELE E QUELLO INFEDELE

 

Beato il servo il quale non si ritiene migliore, quando viene magnificato ed esaltato dagli uomini, di quando è ritenuto vile, semplice e spregevole, poiché quanto l'uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più. Guai a quel religioso che dagli altri è posto in alto, e per sua volontà non vuole discendere. E beato quel servo (Mt 24, 46) che non viene posto in alto di sua volontà e sempre desidera stare sotto i piedi degli altri.

 

 

 

Quasi una conclusione – XXVII

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COME LA VIRTÙ ALLONTANA I VIZI

 

Dove è carità e sapienza, ivi non è timore né ignoranza. Dove è pazienza e umiltà, ivi non è ira né turbamento. Dove è povertà con letizia, ivi non è cupidigia né avarizia. Dove è quiete e meditazione, ivi non è affanno né dissipazione. Dove è il timore del Signore a custodire la sua casa, ivi il nemico non può trovare via d’entrata. Dove è misericordia e discrezione, ivi non è superficialità né durezza.

 

 

 

 

 

 

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