9_Inviato ai poveri (Lc 4,14-21)

Inviato ai poveri (Lc 4,14-21)

Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nazaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apri il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia de! Signore.

Riavvolse il rotolo, Io riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

 

Guida di lettura

Spinto dallo Spirito di Dio, Gesù si sente inviato ad annunciare ai poveri la «buona novella», a «proclamare la liberazione ai prigionieri», a «ridare la vista ai ciechi», a «rimettere in libertà gli oppressi». Questo è l’orientamento di fondo della vita di Gesù. Questo deve essere anche l’orientamento della nostra vita.

 

Accostamento al testo evangelico

Riuniti nella sinagoga del paese. È importante per un popolo credente riunirsi per ringraziare Dio, ascoltare la sua parola e invocare il suo aiuto? Che cosa provi vedendo Gesù con i suoi familiari e vicini che condivide la fede semplice del popolo?

Gesù nella sinagoga. Notiamo che Gesù legge un testo scelto da lui stesso. Perché? Dove si può vedere che le parole di Isaia si compiono in Gesù? Nella liturgia della sinagoga? Per le strade di Galilea?

Lo Spirito del Signore. Gesù si sente «unto» dallo Spirito di Dio? Sappiamo che cosa significa questa parola? Quale dinamica genera in Gesù questo Spirito di Dio? Quando sentiamo parlare di una persona «spirituale», immaginiamo che la sua vita sia orientata ai poveri?

I destinatari. Si parla, nel racconto, di quattro gruppi di persone ai quali Gesù si sente inviato dallo Spirito di Dio. Possiamo indicarli nel testo? Ti dà gioia che Gesù si senta inviato proprio a loro? Ci sentiamo dentro in qualcuno di questi gruppi?

Apporto di Gesù. Possiamo commentare quello che Gesù porta a essi? Quale buona novella annuncia ai poveri? Che tipo di liberazione reca ai prigionieri? Quale vista ai ciechi? Quale libertà agli oppressi? A partire dalla tua esperienza, pensi che Gesù possa portare la stessa cosa anche alle persone d’oggi?

 

Commento

Il programma di Gesù

 

Prima di cominciare il racconto dettagliato dell’attività di Gesù per i villaggi della Galilea, Luca presenta in maniera chiara qual è il programma che Gesù intende realizzare. Gli interessa molto, perché questo è proprio il programma che hanno da tenere davanti ai loro occhi coloro che seguono Gesù. Non è orientato ad acquisire potere, conseguire prestigio o guadagnare denaro. È un programma suscitato dallo Spirito di Dio, che spinge Gesù verso i poveri e gli sfortunati. Sarà un giorno anche il nostro programma? Secondo il racconto, Gesù, «pieno della forza dello Spirito», incomincia a percorrere i villaggi della Galilea dove vive la gente più povera e indifesa: coloro che hanno bisogno di ascoltare la buona novella di Dio che Gesù porta nel suo cuore. Molto presto giunge a Nazaret, il piccolo paese «dove è cresciuto». S’incontra con l’amata madre e con i familiari più vicini. Saluta anche i suoi amici e amiche d’infanzia. In questo villaggio sconosciuto e senza rilievo alcuno, Gesù va a proclamare solennemente il suo programma. Gesù si muove a Nazaret come uno che condivide la fede semplice del suo popolo. Per questo, arrivato il sabato, entra nella sinagoga, «secondo il suo solito», per riunirsi con tutti a recitare le preghiere del giorno sacro e ascoltare la parola di Dio, che alimenta la fede di quel popolo. Luca descrive dettagliatamente l’atteggiamento di Gesù, che segue il solito rituale. Giunto il momento, si alza per fare la lettura, riceve il libro del profeta Isaia, lo apre, sceglie il passo e legge. Una volta, terminato, riavvolge il rotolo, lo riconsegna all'inserviente e si siede. Ciò che risulta sorprendente è che, dopo aver letto un lungo passo del libro di Isaia, non viene detto nulla della spiegazione data da Gesù. La vera spiegazione la fornirà con i suoi gesti di bontà e di solidarietà verso gli ultimi. Fin qui tutto si è svolto in maniera ordinaria, come tutti i sabati, ma, terminata la lettura, Luca crea un clima di tensione e di aspettativa: Gesù si siede senza dire una sola parola; tutti quelli che sono nella sinagoga hanno gli occhi fissi su di lui. La sua persona è più importante del testo. Per questo dice solo: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Inizia un tempo nuovo. Gesù perché i suoi possano capire meglio lo Spirito che lo anima, le preoccupazioni che porta nel suo cuore e il compito al quale vuole dedicarsi corpo e anima legge un testo che, sicuramente, tutti hanno ascoltato più di una volta e che contiene alcune parole pronunciate per consolare gli esiliati di ritorno dalla deportazione in Babilonia (Is 61,1-2). «Lo Spirito del Signore è sopra di me. Egli mi ha consacrato con l’unzione». Gesù si sente pieno dello Spirito di Dio. «Consacrato con Funzione», cioè imbevuto, riempito della sua forza e del suo amore. Per questo noi discepoli chiamiamo Gesù «il Cristo», cioè «l’unto», e per questo ci chiamiamo «cristiani», ossia «unti». Anche se frequentemente ce ne dimentichiamo, è una contraddizione chiamarci «cristiani» e vivere senza lo Spirito che anima Gesù. Lo Spirito non lascia Gesù chiuso nei suoi interessi. Lo spinge verso i quattro gruppi di persone che soffrono: i «poveri», i «prigionieri», i «ciechi» e gli «oppressi». Non lo dobbiamo dimenticare. Lo Spirito di Dio è in Gesù, però non in una maniera qualsiasi: è per inviarlo nella direzione di coloro che hanno più bisogno. Lo Spirito mi ha inviato «a portare ai poveri il lieto annuncio». Questo è il primo compito di Gesù. I poveri, i più indifesi e abbandonati, sono i prediletti di Dio e saranno anche i prediletti di Gesù. A loro si dedicherà per le strade della Galilea. Non abbiamo scappatoie. Noi discepoli di Gesù o siamo poveri o non siamo suoi seguaci. Mi ha inviato «a proclamare ai prigionieri la liberazione». Il profeta parlava della liberazione dei prigionieri che avevano vissuto come schiavi nella deportazione, però il termine «liberazione» ha un senso più ampio e indica una liberazione integrale, inclusa una liberazione dalla schiavitù del peccato. Di fatto, Gesù si dedicherà in Galilea a liberare la gente dal peccato e da tutto ciò che impedisce di vivere con dignità. E, ricordiamolo, il peccato è tutto ciò che offende Dio in quanto offende l’uomo. Cosi dobbiamo essere noi suoi discepoli, liberatori e creatori di una vita più degna. Mi ha inviato «a ridare la vista ai ciechi». L’espressione indica metaforicamente il compito di aiutare le persone a recuperare la vista per tornare a vedere la luce della salvezza, dopo aver vissuto chiusi in ogni tipo di oscurità. É quello che Gesù faceva liberando le persone da paure e sfiducia che non consentivano loro di vedere la salvezza di Dio. Anche noi suoi discepoli dobbiamo vivere portando questa luce di salvezza. Mi ha inviato «a mettere in libertà gli oppressi». Curiosamente, Luca introduce qui questa frase traendola da un altro passo (Is 58,6), dove si spiega che il digiuno che veramente piace a Dio non consiste nel compiere mortificazioni su se stessi, ma nell’introdurre la giustizia nella società, liberando «gli oppressi» dagli abusi e dalle ingiustizie. In questo modo il testo che Gesù sta leggendo acquista un no di ricerca di giustizia sociale. Non possiamo seguire Gesù senza lavorare per una società più giusta. La lettura termina con una frase che ha un carattere più inclusivo. Mi ha inviato «a proclamare l’anno di grazia del Signore». Si chiamava «anno di grazia» l’«anno giubilare» che si celebrava ogni quarantanove anni in Israele. In questo anno di grazia si condonavano i debiti a coloro che si erano rovinati, si restituivano le terre a coloro che si erano visti obbligati a venderle e si liberavano coloro che si erano venduti come schiavi per pagare i loro debiti. Non sappiamo, in realtà, se fu messo qualche volta in pratica questo desiderio di un anno giubilare, però si convertì in simbolo del grande ideale di mantenere la società libera da ingiustizie e disuguaglianze insopportabili. Serve a Gesù per spiegare che la sua venuta in Galilea vuole inaugurare un tempo di grazia, di perdono, di liberazione, di appello alla giustizia e alla solidarietà fraterna. È importante sottolineare che il testo che sta leggendo Gesù continuava cosi: «A proclamare l’anno di grazia del Signore e un giorno di vendetta per il nostro Dio». Però, intenzionalmente, Luca omette quest’ultima frase che parla di «un giorno di vendetta». Il tempo di Gesù è un tempo di grazia, non di vendetta; un tempo di perdono, non di condanna. In Gesù, Dio s’incarna per offrire il suo perdono, non per consumare la sua vendetta.

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