23_A questo punto l’anima comincia a raccogliersi e già tocca il regno del soprannaturale

 

Stiamo parlando «del secondo modo di tirar su acqua che il Signore del giardino ha ordinato, affinché, con l’espediente della ruota e dei canali il giardinieri tiri su maggior quantità d’acqua e con meno fatica, e possa riposare un po' senza dover lavorare di continuo … qui l’anima inizia a raccogliersi in sé stessa, sperimenta già qualcosa di soprannaturale» (V 14, 1-2).

Soprannaturale: «Così chiamo ciò che non si può acquisire da sé stessi e con il proprio impegno, per quanto già molto si possa ottenere; però ci si può sì disporre a riceverlo, e anzi dev’essere molto importante» (Relazione quinta, Siviglia, febbraio/marzo 1576).

 

Teresa fa una ricca descrizione dell’esperienza del raccoglimento. È qui che ha vissuto con intensità il suo rapporto con Dio e ha colto il «messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo» con la sua vita (cf. Gaudete et Exultate 24).

 

La descrive così:

a. Un modo di fare orazione… il raccoglimento… (C. 28-29; 4M 3, 1-13)

Com’è?

«Questo modo di pregare, sia pure vocalmente, raccoglie lo spirito in brevissimo tempo, ed è fonte di beni preziosi. Si chiama “Orazione di raccoglimento” perché l’anima raccoglie le sue potenze e si ritira in se stessa con il suo Dio,..» (C 28, 4).

«Quando il raccoglimento è sincero, lo si vede chiaramente, perché produce tali effetti che io non so descrivere, ma che ben comprende chi ne ha fatto l’esperienza. L’anima, intendendo che tutte le cose del mondo non sono e un gioco, sembra che d'improvviso s’innalzi sopra tutte e se ne vada, simile a colui che per sottrarsi ai colpi di un nemico si rifugia in una fortezza. Infatti, i sensi si ritirano dalle cose esteriori e le disprezzano; gli occhi si chiudono spontaneamente per non vedere più nulla, mentre lo sguardo dell’’nima si acuisce di più» (C 28, 6).

«L’anima allora sembra comprendere che sta fortificandosi a spese del corpo, e che indebolendolo e lasciandolo solo, acquista nuova forza per combatterlo» (C 28, 8).

 

Che fa la persona per raccogliersi?

«…chi va per questa via tiene quasi sempre gli occhi chiusi quando prega. Il costume è lodevole e sommamente utile, benché sul principio, per chiudere gli occhi e non guardare gli oggetti che ci circondano, occorra farsi violenza: ma, fattane l’abitudine, costerebbe di più tenerli aperti» (C 28, 6).

«…Se continua così per alcuni giorni sforzandosi seriamente, ne avvertirà subito vantaggio, perché appena si porrà a pregare, sentirà i suoi sensi raccogliersi spontaneamente senza alcuna fatica, simili ad api che si rinchiudono nell’alveare per comporre il miele. In premio della violenza che si è fatta, il Signore le concede un tal impero di volontà, che appena questa fa capire di volersi raccogliere, i sensi le obbediscono e si raccolgono» (C 28, 7).

 

Come abituarsi a questa modalità di preghiera? Come starci dentro?

«…Immaginate dunque che dentro di voi vi sia un palazzo immensamente ricco, fatto di oro e di pietre preziose, degno del gran monarca a cui appartiene. E pensate, inoltre, come infatti è verissimo, che voi concorrete a dargli la magnificenza che ha[1]. Orbene, questo palazzo è l'anima vostra: quando essa è pura e adorna di virtù, non v'è palazzo così bello che possa competere con lei. Più le sue virtù sono elevate, più le pietre preziose risplendono. Immaginate ora che in questo palazzo abiti il gran Re che nella sua misericordia si è degnato di farsi vostro Padre, assiso sopra un trono di altissimo pregio: il vostro cuore» (C 28, 9).

«...in noi vi è qualche cosa d'incomparabilmente più prezioso di quanto si vede al di fuori. Sì, dovete convincervi che nel nostro interno abbiamo veramente qualche cosa. … Se procurassimo di ricordarci spesso dell'Ospite che abbiamo in noi, sarebbe impossibile, secondo me, abbandonarci con tanta passione alle cose del mondo» (C 28, 10). 

«...Colui, che può riempire della sua grandezza mille e più mondi, rinchiudersi in una cosa tanto piccola![2] Egli è il Signore del mondo, libero di fare quel che vuole, e perciò nell'amore che ci porta, si accomoda in tutto alla nostra misura» (C 28, 11).

«Quando un’anima comincia a battere questa via, vedendosi destinata, piccola com’è, ad accogliere Colui che è tanto grande, potrebbe forse impaurirsi. Perciò il Signore, lungi dal farsi subito conoscere, la va a poco a poco dilatando, proporzionatamente alla quantità, delle ricchezze che le vuol donare. Per questo ho detto che può fare quel che vuole, perché, volendo, può ingrandire a piacere il palazzo dell’anima. L’importante per noi è di fargliene un dono assoluto, giungere sgomberandolo da ogni cosa, acciocché Egli possa aggiungere o togliere come vuole, come in una sua proprietà. Del resto ne ha tutto il diritto, e guardiamoci bene dal contestarglielo. Se non sforza nessuno ed accetta quanto gli si dà, non si dà del tutto se non a coloro che del tutto si danno a Lui» (C 28, 12).

«Concludo ripetendo che dipende tutto da noi. Chi vuol arrivare a questo stato, non deve mai lasciarsi scoraggiare. Si abitui a ciò che ho detto, e a poco a poco si farà padrone di sé. Non solo non perderà nulla, ma guadagnerà sé per sé stesso, facendo servire i propri sensi al raccoglimento dell’anima. Se deve parlare, penserà che ha da parlare in sé stesso con qualche altro. Se deve ascoltare, si ricorderà di prestare orecchio a una voce che gli parla più da vicino. E, volendolo, constaterà di poter star sempre con Dio, rimpiangendo il tempo in cui ha lasciato solo un tal Padre, i cui soccorsi gli sono tanto indispensabili. Se può, lo ricordi spesso ogni giorno, o almeno di tanto in tanto; e, fattane l'abitudine, presto o tardi ne caverà profitto. Dopo aver ottenuto questa grazia, non vorrà cambiarla con alcun tesoro» (C 29, 7).

 

 

 

 

b. Un’ esperienza orante…

Teresa ha fatto il passo dalla meditazione al raccoglimento. In questa esperienza ha capito quello che stava vivendo, ha compreso sé stessa. Meditazione e raccoglimento: sono l’esperienza dell’“orazione mentale”. Per Teresa: «…pensare e comprendere quello che diciamo, a chi ci rivolgiamo e chi siamo noi per parlare a un Dio così grande. Occuparci di questi pensieri e di altri somiglianti, come, ad esempio, del poco che abbiamo fatto per Lui e dell'obbligo che ci incombe di servirlo…» (C 25, 3).

È il passaggio che precede l’orazione amorevole della contemplazione...

 

c. Un tipo di raccoglimento.... Orazione di quiete (V 14-15).

Com’è?

Teresa descrive la propria esperienza: «E’ come un raccogliersi delle facoltà dell’anima in se stesse per godere di quella gioia con più gusto, ma non si distraggono né si addormentano; solo la volontà resta all’opera in modo che, senza sapere come, si ritrova avvinta; solo dà il proprio consenso perché Dio la catturi, come chi ben sa di essere prigioniero di Colui che ama. Oh Gesù e Signore mio! Quanto bene ci fa qui il Vostro amore! Perché esso tiene il nostro così legato da non lasciare libertà di amare a questo punto altra cosa che Voi» (V 14, 2).

«…in questo raccoglimento e quiete iniziali non vengono meno le facoltà dell’anima, ma questa è così sazia di Dio, che finché dura, anche se le altre due facoltà si agitano, poiché la volontà è unita a Dio, no si perdono la quiete e la tranquillità; anzi un po' per volta l’anima torna a raccogliere anche l’intelletto e la memoria. Perché anche se non è ancora del tutto immersa in Dio, si ritrova così assorta, senza sapere come è accaduto, che per quanto le altre due si impegnino molto, non le possono togliere la sua gioia e il suo godimento, anzi ella senza alcuna fatica fa in modo che quella scintilla di amor di Dio non si spenga» (V 15, 1).

«È, dunque, questa orazione una scintilla del vero amore per il Signore che Egli comincia ad accendere nell’anima, ed Egli vuole che l’anima un po' per volta comprenda che cosa sia questo amore pieno di dolcezza, questa quiete e questo raccoglimento e questa scintilla; se proviene da Dio e non sia un piacere dato dal demonio o prodotto da noi stessi.

A dire il vero, per chi ha esperienza è impossibile non capire subito che non è una cosa che si possa comprare; solo che questa nostra natura è tanto vogliosa di cose gustose che le prova tutte, però si ritrova subito molto fredda, perché, per quanto cerchi di far ardere il fuoco per ottenere questo piacere, non sembra fare altro che gettare acqua per ucciderlo. Dunque, questa scintilla messa lì da Dio, per quanto sia piccolissima, fa molto rumore, e se non la si uccide per colpa propria, è questa che comincia ad accendere il gran fuoco dalle fiamme sfavillanti del grandissimo amore di Dio che - come dirò a suo tempo - Sua Maestà concede alle anime perfette.

Questa scintilla è un segno o un pegno che Dio dà a quest’anima di averla già scelta per grandi cose, se ella si dispone a riceverle. È un grande dono, molto più grande di quello che si può spiegare» (V 15 4-5).

Qui Dio interviene già con più alacrità. Attira a sè per farci più suoi e noi ce ne accorgiamo. E lo lasciamo fare: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso» (Ger 20, 7).

 

Come accade?

«… in nessun modo essa può guadagnarselo per quante attenzioni abbia». 

«È vero che sembra che per un po' si sia stancata nel far girare la ruota e nel lavorare con l’intelletto, e che i canali si siano riempiti; ma qui l’acqua è più alta e così si fatica molto meno a tirarla fuori dal pozzo. Dico che l’acqua è più vicina perché la grazia si fa conoscere molto più chiaramente all’anima (V 14, 2).

 

 

Effetti dell’orazione di quiete.

«Tutto ciò che succede a questo punto avviene con grandissima consolazione e cosi poca fatica che l’orazione non stanca, anche quando duri per un lungo momento …»

«…L’intelletto qui lavora con calma e tira su molta più acqua di quando la tirava su dal pozzo».

«Le lacrime che Dio qui concede orma vanno insieme al godimento; le si percepisce, ma non le si causa» (V 14, 4).

 

 

Effetti sulla persona

«Quest’acqua dei grani beni e delle grazie che il signore concede qui fa crescere le virtù in modo incomparabilmente più grande che non nella precedente orazione …»

«… viene dato un assaggio dei piaceri del cielo».

«Questo penso che le faccia crescere di più e anche arrivare più vicino alla vera Virtù, da cui provengono tutte le virtù, cioè a Dio …»

«… Sua Maestà comincia a comunicarsi a quest’anima e vuole che ella si accorga di come lo fa»

«Dio vuole per la sua grandezza che quest’anima comprenda che Sua Maestà le sta così vicino che ormai non c’è bisogno di inviargli messaggeri, ma che lei stessa gli parli; e non c’è bisogno di urlare, perché è ormai così vicina che muovendo appena le labbra Egli la comprende»

Si comincia subito, giungendo qui, a perdere l’avidità delle cose di quaggiù. E questo è il minimo! Perché vede chiaramente che un solo momento di quel piacere non si può avere quaggiù, né ci sono ricchezze o titoli o onori o delizie che bastino a dare quella contentezza neppure per un batter d’occhio, perché questa è vera e si vede che è una contentezza che ci rende contenti. Perché ni che siamo quaggiù, credo ci sia da stupirsi se comprendiamo dove si trova questa contentezza, perché un po' diciamo sì e un po' diciamo no[3]. Quando la proviamo, tutto è un sì; il no arriva dopo, perché vediamo che è terminata e non sappiamo come tornare a procurarcela, né con quali mezzi…» (V 14, 5).

 

 

Raccomandazioni…

«…si guardino dal nascondere il talento (cfr. Mt 25, 25), perché mi sembra che Dio le voglia scegliere a vantaggio di molti altri, soprattutto in questi tempi in cui c’è bisogno di amici forti di Dio per sostenere i deboli» (V 15, 5)

«…è un grande affare se le anime cominciano a fare orazione cominciando a distaccarsi da ogni tipo di soddisfazione ed entrano in questo cammino determinate soltanto ad aiutare Cristo a portare la croce, come buoni cavalieri che vogliono servire il loro re senza salario, perché sanno che comunque lo riceveranno».

 «Gli occhi fissi nel vero e duraturo regno che pretendiamo conquistare. È grandissima cosa tenere ciò davanti agli occhi, soprattutto agli inizi; in seguito lo si vede così chiaramente, che anzi è necessario dimenticarsene per vivere, piuttosto che cercare di rievocare la memoria di quanto tutto duri poco e di come tutto sia un niente e quanto sia da ritenere un nulla il riposo» (V 15, 11).

 

 

I doni di Dio nell’orazione di quiete

«È cosa assai conosciuta la conoscenza che dà Dio perché riconosciamo che non abbiamo alcun bene da noi stessi, e tanto più quanto maggiori saranno le grazie. Produce un grande desiderio di avanzare nell’orazione e di non abbandonarla, qualunque difficoltà possa esserci. Si è disposti a tutto. Una certezza umile e timorosa, che comunque ci si salverà. Il Signore scaccia subito il timore servile dell’anima e le infonde un timore filiale, assai più accresciuto. Ella si accorge che inizia ad avere un amore verso Dio senza alcun interesse proprio. Desidera aere momenti di solitudine per godere di più di quel bene» (V 15, 14).

«… si tratta di un principio di ogni bene: i fiori sono al punto che non manca loro quasi niente per sbocciare» (V 15, 15).

 



[1] ...e che voi potete molto per renderlo assai più prezioso. (Manoscr. Escor.).

[2] ... come gli piacque rinchiudersi nel seno della sua santissima Madre. (Manoscr. Escor.).

[3] Probabile riferimento a Mt 5, 37 e 2Cor 1, 17-19.

 

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