28_«Resta con noi» (Le 24,13-35)

«Resta con noi» (Le 24,13-35)

Ed ecco, in quello stesso giorno due discepoli erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra di loro di tutto quello era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Cléopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare o morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di avere avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

 

Guida di lettura

Noi non abbiamo vissuto un incontro con il Risorto come lo vissero i primi discepoli. Su quali esperienze possiamo contare per riconoscere la sua presenza in mezzo a noi? Il racconto dei discepoli di Emmaus ci suggerisce due cose: ravvivare la nostra fede in Gesù ascoltando insieme il suo vangelo e nutrirci del suo pane celebrando l’Eucaristia.

 

Accostamento ai testo evangelico

Situazione dei due discepoli. Leggi le spiegazioni che danno a Gesù: qual è il loro stato d'animo? Perché hanno perduto la speranza? Che cosa manca loro per credere in Cristo risorto?

Ricordo di Gesù. Che cosa stanno facendo i discepoli quando si avvicina loro Gesù per camminare insieme? Ti pare importante che ricordino Gesù e gli parlino del suo messaggio e della sua vita di profeta, benché lo facciano con poca fede?

Conversazione con Gesù. Di che cosa li rimprovera Gesù? Che cosa provano mentre parla loro? Hai provato qualche volta la stessa cosa parlando con Gesù o ascoltando le sue parole accanto ad altri credenti?

La cena con Gesù. Che cosa pensi della richiesta che fanno a Gesù? Hai sentito qualche volta il bisogno di dire anche tu la stessa cosa a Gesù? Che cosa significa per te riconoscere Gesù nell’Eucaristia?

Testimoni del Risorto. Capisci perché i discepoli corrono a comunicare quello che hanno vissuto?

Commento

Due esperienze fondamentali

Due discepoli stanno camminando fino a Emmaus, un piccolo villaggio ad alcuni chilometri da Gerusalemme. Tutto accade in questo cammino, che suggerisce, da una parte, il percorso della nostra vita, ma anche il cammino interiore che dobbiamo fare per riconoscere la presenza del Risorto accanto a noi. I due viandanti se ne vanno avvolti nella tristezza e nello sconforto. Apparentemente, possiedono tutto il necessario per credere. Conoscono le Scritture giudaiche, però nessuno ha spiegato loro il contenuto più profondo. Hanno ascoltato Gesù e hanno visto la sua attività di «profeta potente in opere e parole», riconosciuto da Dio e dal popolo, però sanno che è morto crocifisso, condannato come malfattore dai suoi capi religiosi. Hanno udito il messaggio della risurrezione dalle donne che egli «è vivo». Tutto è inutile. Speravano che Gesù fosse «il futuro liberatore di Israele», ma le speranze riposte in lui si sono spente con la sua crocifissione. Tutta un’illusione. Ora non si aspettano niente. Come credere che è vivo? A questi discepoli manca l’unica cosa che possa allontanarli dall’incredulità e dallo sconforto: il contatto personale con il Risorto. Ma dove potranno incontrarlo? C’è qualcosa che l’evangelista vuole sottolineare. Nonostante la loro tristezza e confusione, questi due discepoli continuano a pensare a Gesù. Non si rassegnano a dimenticarlo per sempre. Continuano a ricordare le sue parole e la sua attività di profeta. Vogliono capire meglio ciò che è avvenuto. Il racconto ci dice che «mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicino e camminava con loro». Non dobbiamo dimenticarlo. Là dove vi sono uomini e donne che, nonostante il loro scoraggiamento, ricordano Gesù e s’interrogano sul significato del suo messaggio e della sua persona, là vi è già Cristo che cammina con loro. Tuttavia, l’evangelista ci avverte che «i loro occhi erano impediti a riconoscerlo». Gesù è per loro uno che cammina, uno sconosciuto, «uno straniero». Per riconoscerlo hanno bisogno di vivere una doppia esperienza. Gesù prende l’iniziativa e intavola una conversazione con loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi?». Qual’è la causa di una tristezza così profonda? Quando essi gli fanno conoscere la loro delusione e il loro sconforto, Gesù comincia a curare i loro cuori. Mentre camminano spiega loro le Scritture, perché scoprano meglio l’identità del Messia, il contenuto di salvezza della sua morte, la vera liberazione che offre Cristo e la novità della sua speranza. L’evangelista non ci descrive immediatamente la trasformazione che si va producendo nei discepoli: l'incredulità, che ha impedito loro di aprirsi al mistero racchiuso in Gesù, va scomparendo poco a poco. Solo più tardi ci viene riferito il commento dei discepoli: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?». Questa è la prima esperienza. Se, facendo il percorso della vita, ci riuniamo per ricordare Gesù, ascoltare il suo messaggio, conoscere la sua attività di profeta, meditare la sua dedizione fino alla crocifissione, le sue parole raggiungono il centro più profondo di noi stessi e il nostro cuore incomincia ad ardere. Ma non basta. Benché ancora non abbiano riconosciuto Gesù, i due discepoli sentono il bisogno della sua compagnia. Non vogliono che li lasci. Al vedere che, vicini a Emmaus, Gesù fa come se dovesse andare più lontano, lo trattengono: «Resta con noi, perché si fa sera». L’evangelista sottolinea con gioia: lo straniero «entrò per rimanere con loro». Non li abbandonerà. La scena è semplice: tre viandanti, stanchi dopo un lungo cammino, si siedono come amici a condividere la stessa mensa. È allora che Gesù ripete esattamente i quattro gesti che, secondo la tradizione, aveva fatto nella cena di addio: «Prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro». Nei discepoli si risveglia la fede. «Si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero». Scoprono Gesù come uno che nutre le loro vite, le sostiene nella fatica e dà loro forza per camminare. È la seconda esperienza. Se celebrando l’eucaristia ci sentiamo nutriti da Gesù, rafforzati nella fede e incoraggiati a seguirlo con speranza nuova, non ci occorre nient’altro. Il Risorto sta camminando con noi. Riconoscere Gesù è molto di più che vederlo. Nel cammino vedevano Gesù, ma non erano capaci di riconoscerlo. Adesso l’hanno riconosciuto e, benché Gesù torni di nuovo a essere invisibile, i discepoli sanno che è vivo e li accompagna. Questa esperienza li trasforma. Recuperano la speranza. Pieni di gioia, si alzano e vanno in fretta a raccontare quello che «è loro capitato durante il cammino». Non si può tenere per sé la grande notizia. Hanno bisogno di comunicare a tutti che Gesù è vivo. Non parlano teoricamente della sua risurrezione, ma trasmettono l’esperienza che essi stessi hanno vissuto.

 

 

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